AGEROLA & JERANTO – In cammino sull’alta via dei monti lattari.

Agerola (con le sue frazioni) è, ormai, un appuntamento speciale per gli escursionisti che, grazie ai suoi numerosi sentieri, lo considerano uno dei posti migliori per vivere la natura a 360 gradi. Un luogo dove storia, mito e leggenda si fondono regalando emozioni e suggestioni ad ogni metro percorso.
Nel mio lavoro di guida ambientale escursionistica, uno degli aspetti più delicati è scegliere il miglior itinerario per i propri clienti escursionisti. Tantissime sono le varianti che bisogna considerare. La logistica, la difficoltà, la durata, il dislivello. L’escursionismo è un’attività che richiama ogni anno sempre più persone che si riversano sui sentieri del nostro splendido Paese percorrendo itinerari non sempre facili. Henry David Thoreau sosteneva che perdersi nei boschi, in qualsiasi momento, è un’esperienza sorprendente e memorabile, e insieme preziosa. Io, invece, molto più banalmente asserisco che la prima regola per ogni escursionista consiste nella sicurezza, figlia di una corretta pianificazione. I monti lattari poi, hanno un’intricata rete sentieristica dove, se non si è preparati, è molto facile perdersi. Per chi intraprende l’escursionismo come attività la prima regola è essere aperti alle novità, provare curiosità, entusiasmarsi per le bellezze che ci circondano e meravigliarsi delle piccole cose.
Ero in cammino da due giorni seguendo, in parte, l’alta via dei Monti lattari nel tentativo di percorrere, in totale autonomia, tutta la costiera Amalfitana partendo dalle vette che superano i 1400 metri di quota fino al mare di Punta Campanella, unendo in questo modo la costiera amalfitana a quella sorrentina in un unico, splendido cammino, fino al mare che dista soli 4 km da Capri. Nel mezzo, diverse montagne e condizioni atmosferiche spesso al limite, soprattutto d’inverno. Da Furore avevo raggiunto Praiano e quindi Bomerano, frazione di Agerola, seguendo un itinerario chiamato “Naturarte” e passando per il suggestivo convento di San Domenico che si raggiunge dopo aver scalato 1000 interminabili scale. Una volta su è possibile godere di una delle viste più suggestive di tutta la costiera amalfitana. Proseguo percorrendo a ritroso il Sentiero degli dei fino a Bomerano in tempo per il mio appuntamento. Avevo ricevuto un invito dal mio amico Mario dell’hotel Gentile di Bomerano, un luogo storico, da sempre punto di ritrovo per migliaia di escursionisti provenienti da ogni parte d’Italia. Mario mi convinse a trascorrere un’insolita vigilia di Ferragosto: aspettare il sorgere del sole sulla vetta del Monte tre Calli nella notte fra il 14 e il 15 agosto ad aspettare l’Alba Magica, il rito dell’attesa del levarsi del sole inebriati dal suono del Gruppo bandistico Città d’Agerola. Si tratta di un appuntamento annuale e il titolo “Alba Magica” con cui era promosso sembrava uscito da un generatore di nomi utile alla chiamata del viaggiatore, capace di entrare nelle labbra e nei sogni di coloro che desiderano rompere con il mondano. Quella esperienza si rivelò veramente carica di magia, un’attesa nella solennità della notte, immersi in un immacolato silenzio sotto un cielo punteggiato di stelle, affacciati sullo scenario mozzafiato del golfo di Napoli e di Salerno. Salutare il nuovo giorno sulle note di quel concerto, accompagnati dalla sensazione di essere sospesi tra terra e cielo, è stata una rara emozione offerta anche dall’opportunità di poter ammirare con un solo sguardo l’intero litorale da Punta Licosa a Punta Campanella, Capri e Faraglioni compresi, un’esperienza indimenticabile anche per una guida “esperta”. Il percorso, specie nel primo tratto, è insidioso, a tratti ripido e impervio ma, una volta in vetta, il panorama regala meravigliose vedute a strapiombo sul mare da togliere il respiro. Amanti della montagna e semplici turisti, l’Alba Magica è una straordinaria esperienza di contatto totale con la bellezza della natura, un’immersione nel paesaggio dei Monti Lattari, in mezzo a lecci e corbezzoli, con tutt’intorno gli odori della macchia mediterranea.

 

Subito dopo il concerto mi precipitai lungo il sentiero n.327, da tutti conosciuto come Sentiero degli Dei, che mi avrebbe permesso di raggiungere Positano e di rivivere quell’esperienza della sera precedente di contatto totale con la bellezza della natura, un percorso lungo circa 9 chilometri lungo la costiera amalfitana che, dopo 4 ore, termina a Nocelle.
I monaci dell’antichissimo convento di San Francesco di Cospiti definivano i contadini del luogo “colti”, perché pur non avendo conseguito titoli di studi padroneggiavano con gli strumenti della natura inserendosi pienamente nel mondo in cui dovevano operare. Professionisti saggi, capaci di interpretare la complessità della loro condizione e riflettere sulle proprie scelte, sulle proprie prospettive e quelle della comunità. Basti pensare ai famosi terrazzamenti nati lungo i costoni della montagna o ai muri di contenimento, chiamati “macere”. Un’opera unica al mondo dove si fondono nozioni di ingegneria, architettura e geologia.
Io intanto camminavo spedito ed avevo raggiunto Colle Serra a quota 578 metri s.l.m. da quota 1300. Un dislivello notevole che aveva leggermente fiaccato il mio fisico, ma non il mio spirito. Si era fatta quasi ora di pranzo, ed Antonio, il pastore diventato oramai un’icona del sentiero degli dei, era intento ad innaffiare le piante del suo orto con l’acqua del pozzo che faceva uno strano giro: prima di passare ai canali di irrigazione, percorreva una sorta di recipiente in pietra in cui erano immersi un paio di grosse damigiane d’acqua e una grossa anguria.
“La tenevo in fresco per te.” Esordisce Antonio accogliendomi con un sorriso non appena riconosce la mia sagoma.
Mi faccio ospitare sotto un fresco pergolato dove aveva sistemato un grande tavolo. Il panorama era mozzafiato con l’arcipelago de Li Galli che delimitava i confini tra il verde intenso della montagna, l’azzurro del mare e in lontananza l’orizzonte in cui cielo e mare sembravano congiungersi.
Mi distendo sull’amaca e mi lascio dondolare dal vento. La freschezza naturale dell’acqua sembrava un invito a continuare a berne.
Quando hai sete non c’è nulla di più dolce dell’acqua.
Mentre mi rilassavo preparò una frugale merenda fatta di pane abbrustolito variamente guarnito: con le alici di Cetara, i pomodori del suo orto, le melanzane sott’olio e gli asparagi selvatici sotto aceto e olio.
Stare seduti in una bella giornata all’ombra di quella vite, in compagnia del proprio respiro, guardando in alto verso le verdi colline lussureggianti e in basso verso quell’azzurro intenso del mare è stato il miglior riposo dopo quella nottata trascorsa insonne.
Il respiro pulito, la compagnia di quell’acqua così fresca, della coppetta di olive bianche e nere che Antonio mi aveva offerto, insieme a quel paesaggio bellissimo sembravano rivelare la scoperta di uno di quei luoghi dell’anima in cui i sentimenti fatti di colori, odori, forme e suoni possono farti sentire accarezzato aiutandoti a riconciliarti con te stesso.

In fondo la vita è un paesaggio che puoi descrivere solo ponendoti in alto. Saluto Antonio ed il fedele cane da pastore Venere e proseguo in direzione Positano. Che raggiungo in prima serata.
Passo la notte dal mio amico Antonino, che gestisce un chiosco di limonate a Nocelle e che di questi sentieri conosce ogni più remoto anfratto. Il mattino seguente risalgo verso monte Comune e raggiungo Torca. In appena 3 giorni avevo percorso, non senza difficoltà, gran parte del crinale dei Monti lattari. L’obiettivo era quello di arrivare, l’indomani, a Punta Campanella percorrendo sentieri impervi ed in gran parte inaccessibili che mi avrebbero obbligato ad una pericolosa deviazione sulla statale fino alla baia di Recommone, che avrei raggiunto in prima serata. Appena in tempo per fare un salto al ristorante di Maria Grazia, una piccola locanda nata per dar da mangiare ai pescatori di ritorno dalle battute di pesca nel tratto di mare compreso tra Massa Lubrense e Capri. Proprio tra queste mura nasce il famoso “Spaghetto alla Nerano”. Poiché la tradizione locale vuole che la cucina si arrangi con ciò che si trova, in quel momento la disponibilità erano le zucchine dell’orto di famiglia, resti del provolone del Monaco che si produceva in zona, olio, sale, spaghetti. Non ci vuole molto per donna Maria Grazia, la locandiera, a preparare gli spaghetti con le zucchine, il provolone e l’acqua di cottura nel quale mantecare la pasta.

Oggi gli spaghetti alla Nerano sono un piatto must della tradizione napoletana che alimenta fascino e curiosità in tutto il mondo. Passo la notte con il mio inseparabile sacco a pelo alla Marina del Cantone ed il mattino, di buon’ora raggiungo Termini percorrendo via Jeranto, un lastricato in leggera pendenza dove ha inizio la passeggiata per la famosa baia, camminando tra arbusti della macchia mediterranea in cui prevalgono il carrubo, roverella, lentisco, euforbia e ulivi, che a tratti circondano ed avvolgono il tracciato. Le pareti calcaree del Monte San Costanzo sono lì che mi aspettano ed offrono ai miei occhi singolari suggestioni. Scendo tutto il crinale fino ad approdare a Punta Campanella, in tempo per godere di un meraviglioso tramonto sui golfi di Salerno e Napoli. Un falco pellegrino accompagna questi ultimi metri prima di giungere al livello del mare. D’altronde la conformazione geomorfologica del luogo ci ricorda come questa sia una zona prediletta dai rapaci, al punto che recentemente sono tornati a nidificare in questa zona grazie alla ritrovata serenità fiorita con l’istituzione della riserva. Non a caso, l’etimologia della parola Jeranto deriva anche dal greco Jerax, che significa appunto rapace.
Il crepuscolare tramonto sui golfi di Napoli e Salerno accompagna gli ultimi km del mio “movimentato” cammino in costiera. Risalgo via Minerva fino ad approdare al chiosco del mio amico Enrico a Termini di Massa Lubrense dove mi attende una limonata fresca, che segnerà la fine di questo cammino.
Chi è Enrico?
Ve lo spiego…

Dopo una vita professionale passata all’estero come capo bar man di lussuosi alberghi (che lo hanno visto servire gustosi cocktail anche a capi di stato) è stato inserito, uno dei pochi italiani, nella gloriosa guida Michelin guadagnandosi una stella. Da qualche anno ha deciso di tornare alle origini, rilevando la vecchia trattoria della madre ed adattandola alle esigenze culinarie di escursionisti provenienti da tutto il mondo. Insomma gente alla ricerca dei veri sapori della costiera. Lo rivedo dopo qualche mese. Ci abbracciamo e mi fa accomodare lungo la stradina che sale al monte San Costanzo. Questa sera sarò suo ospite e cenero’con la sua famiglia. Come è usanza da queste parti mangeremo in strada, dove ha allestito un tavolo e 5 sedie. Mi prepara una gustosa insalata di pomodori, totani e patate (piatto tipico) ed un commovente filetto di tonno pescato il giorno prima al largo della marina del Cantone. Il tutto accompagnato da un ottimo vino bianco.
Il calore della sua famiglia, le risate a tavola e le chiacchiere conviviali di fine cena davanti ad un bicchiere di limoncello, sono stati il modo migliore per suggellare questo cammino.
Un cammino che mi ha fatto aprire alla vita davanti al mare della costiera, che mi ha fatto abbracciare la semplicità di un popolo fiero delle sue origini, che ha cancellato ogni egoismo e mi ha fatto vedere tutto come se fosse il seme di una nuova vita.